La Federcalcio e la Lega Serie A hanno scritto al Comitato tecnico scientifico per chiedere ufficialmente di sciogliere il vincolo del distanziamento sociale. Si tratta della norma che impone la distanza di almeno un metro tra le persone, ma negli stadi i seggiolini sono separati in media da 75 centimetri.
Un dettaglio che – sottolinea La Repubblica – impedisce oggi a quasi tutti i club di riaprire i propri stadi al 50% della loro capienza. Anche immaginando una fila occupata e una no, solo la Juventus potrebbe riempire a metà lo Stadium rispettando la distanza di sicurezza.
I club vorrebbero che il Green Pass fosse lo strumento per aprire a tutti: come nei ristoranti o alle fiere, senza limitazioni alla capienza. Tanto che qualcuno dei presidenti, spiega il quotidiano, nell’ultima assemblea è arrivato a lanciare l’idea di uno sciopero collettivo: «Il 22 agosto non facciamo partire il campionato».
Se entro lunedì, alla prossima assemblea, non ci saranno aperture pubbliche, la minaccia potrebbe diventare un caso. Dopo un anno e mezzo senza pubblico, a 25 giorni dalla prima giornata le società non possono emettere abbonamenti, non hanno certezze su quanta gente potranno far entrare allo stadio, e molti hanno perso la pazienza.
Nelle richieste al governo del calcio italiano, infatti, inizia a comparire sempre più spesso anche la parola “ristori”. Il mondo del pallone raccoglie 300 mila lavoratori, ma ha visto crollare i propri ricavi e non ha risorse per fare mercato né per pagare gli stipendi e che non ha avuto nulla dal governo.
L’obiettivo realistico è ottenere un rinvio programmato delle scadenze fiscali. Nell’ultima assemblea si è iniziato a pensare alla possibilità di chiedere il posticipo dei pagamenti Irpef, spalmandoli magari su tre anni. Ipotesi da accompagnare comunque a un piano di contenimento dei costi, per un calcio credibile di fronte alle proprie richieste.