«Procuratori e agenti sportivi non sono i colpevoli della crisi economica del calcio. Affermarlo equivale a cercare un capro espiatorio cui addossare responsabilità diffuse tra le diverse componenti del sistema».

Ne è convinto Carlo Diana, socio fondatore di Reset Group, e co-autore insieme al collega Davide Lippi, procuratore (tra gli altri) dei campioni d’Europa Giorgio ChielliniLeonardo Spinazzola, del libro “Il calcio del futuro: come scoprire e gestire i campioni di oggi e di domani”, edito da Sperling & Kupfer e in libreria dal 21 settembre.

«Ritengo invece», aggiunge Diana in questa intervista a Calcio e Finanza, «che le commissioni verso agenti e intermediari debbano essere regolamentate per evitare certi eccessi. Ma sono convinto che nel settore, a tutti i livelli, ci sono tanti professionisti che svolgono lo loro attività in maniera sana. Per questo è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio».

Laureato in Economia con specializzazioni in marketing e diritto sportivo, dopo essere stato per 7 anni responsabile delle aree marketing, sales & sponsorship della Juventus, Diana ha fondato assieme a Davide Lippi, Reset Group, società che si occupa di procure sportive e trasferimenti, e Reset Marketing, che si occupa invece della parte di marketing e valorizzazione dell’immagine dei giocatori.

Un percorso professionale, quello dei due autori, ben riassunto nei temi del libro da poco uscito, in cui Diana e Lippi ci conducono alla scoperta del «dietro le quinte» del calcio: dal mercato allo sport marketing alla figura dell’atleta come testimonial, fino al tema della Superlega.

Carlo Diana e Davide Lippi di Reset Group

D. Che cosa vi ha spinto a scrivere un libro sul futuro del calcio?

R. Personalmente ho sempre avuto la passione per la scrittura e per l’attività di ricerca. Sono entrato nel mondo del calcio proprio grazie a un libro “Il marketing delle società sportive” che scrissi 30 anni fa dopo aver fatto una tesi di laurea sull’argomento e ad aver fatto ricerca in università sul marketing sportivo. Quando sono entrato nell’ufficio marketing della Juventus ho dovuto lasciare l’attività di ricerca, ma ho sempre avuto l’idea di tornare a scrivere, anche perché nel frattempo il mondo del calcio è profondamente cambiato. E sono particolarmente orgoglioso di aver fatto diventare un autore anche Davide Lippi. Anni fa Davide venne fare uno stage al marketing della Juventus e con molta umiltà, pur essendo il figlio dell’allenatore della prima squadra (Marcello Lippi, ndr), si mise a studiare il mio libro. Oggi, a distanza di anni, un libro lo abbiamo scritto assieme, mettendo a frutto le rispettive esperienze e competenze: le mie sulla parte marketing e quelle di Davide come procuratore.

D. Al di là degli aspetti personali ci sono altre ragioni che vi hanno portato a scrivere questo un libro sul futuro del calcio?

R. Come dicevo, in 30 anni il mondo del calcio è profondamente cambiato e anche quello del marketing applicato allo sport. Se anni fa il focus era principalmente sulle società sportive ora anche gli atleti, non solo le superstar alla Cristiano Ronaldo, sono diventati interessanti per aziende e brand che vogliono comunicare attraverso lo sport. Specie negli ultimi anni, dove abbiamo assistito, vista la diffusione dei social media, al passaggio dall’atleta testimonial all’atleta influencer. Un termine, quest’ultimo, che recentissimamente ha assunto anche connotazioni negative. Anche se ritengo che, se portatore di messaggi sani e positivi, la figura dell’influencer possa essere invece importante. E non solo per le aziende che gli affidano i propri messaggi.

D. Nel libro si parla di sport marketing ma anche di calciomercato. Se i procuratori non sono, come lei sostiene, i colpevoli della crisi del calcio, è pur vero che nel 2020 i club di Serie A hanno speso per agenti e intermediari la bellezza di 138 milioni. Non mi vorrà dire che adesso sono vittime del sistema?

R. Non dico questo, ma faccio un invito a non generalizzare. Se si sottolinea solo l’importo delle commissioni per i trasferimenti dei top player, allora si può pensare che le commissioni siano il male. Però non molti sanno che, tra i vari soggetti che lavorano con i club, procuratori e intermediari sono gli ultimi ad essere pagati. E con la crisi di liquidità che ha travolto il sistema calcio, non solo in Italia ma in tutta Europa, ci sono professionisti che attendono ancora di essere pagati per operazioni realizzate diversi mesi fa. In generale, c’è assolutamente bisogno di maggiore puntualità nei pagamenti.

D. Visto che il libro si intitola “Il calcio del futuro” che soluzioni proponete per dare sostenibilità al sistema?

R. Siamo ancora troppo legati agli introiti da diritti tv. In Germania, invece, hanno saputo diversificare meglio le fonti di entrata, lavorando molto bene su stadi e in particolare sul marketing. Più che provare a rincorrere la Premier League sul fronte dei ricavi da tv, cosa tra l’altro impossibile da fare, lavorerei per avvicinarmi alla Bundesliga sul fronte dei ricavi commerciali. Non per nulla i club tedeschi sono quelli che hanno risentito di meno dei danni legati alla pandemia. Bisogna quindi attuare una doppia politica: sicuramente una maggiore attenzione ai costi, ma anche migliorare ulteriormente nella voce ricavi. Siamo messi male sul settore marketing e merchandising, ma il nostro rimane pur sempre il “calcio italiano”, un prodotto seguitissimo.

D. Che consiglio darebbe a quei giovani, e ce ne sono tantissimi anche tra i lettori di Calcio e Finanza, che puntano a lavorare nel mondo del calcio e in particolare a coloro che vorrebbero diventare procuratori sportivi?

R. Beh, innanzitutto di leggersi il libro che ho scritto con Davide. Scherzi a parte, sicuramente il nostro libro può rappresentare un primo passaggio bibliografico di agile fruizione per avvicinarsi alla professione del procuratore e della gestione a 360 gradi di un atleta. Il consiglio che mi sento di dare ai giovani è quello di studiare, di specializzarsi e di avere pazienza e tenacia. Inoltre, tenere in mente che studiare per l’esame non basta: la pratica sul campo è fondamentale, ma richiede anni per apprendere i segreti del mestiere, per convincere le famiglie delle giovani promesse ad affidarti i loro figli. Anni in cui può anche capitare di non essere pagati o di essere pagati molto poco, prima di prendere direttamente sotto procura un calciatore con un ingaggio importante. Una prospettiva che molti giovani d’oggi non sembrano voler prendere in considerazione. Credo inoltre che avere una laurea sia importante. Quelle più indicate sono economia e legge, ma l’importante è che vi sia la specializzazione.

D. Come sta andando il 2021 di Reset Group?

R. Siamo soddisfatti. Il 2021 sta andando bene sia per quanto riguarda Reset Marketing, grazie anche al successo dell’Italia ad Euro 2020 dove Chiellini e Spinazzola hanno avuto un ruolo da protagonisti, sia sul fronte del mercato, dove Davide ha avuto un ruolo chiave in alcune importanti operazioni realizzate nell’ultima campagna trasferimenti, come il passaggio di Hakimi dall’Inter al PSG e l’arrivo alla Salernitana di Frank Ribery. In particolare, l’operazione Ribery è stata un autentico capolavoro. L’attaccante ha detto: “finisco la mia carriera ma voglio giocare, in Italia, piuttosto che andare a prendere i soldi dagli arabi”. La Costiera Amalfitana ha fatto il suo.

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