Patrimonio Roberto Mancini
Roberto Mancini (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Oggi la Nazionale vola in Turchia per la partita più triste della nostra storia calcistica. La speranza era quella di essere a Oporto davanti a Cristiano Ronaldo, invece affronteremo Burak Yilmaz a Konya, come conseguenza dell’umiliante sconfitta contro la Macedonia del Nord negli spareggi per andare a Qatar 2022. Per la seconda edizione consecutiva dei Mondiali, dopo Russia 2018, l’Italia non prenderà parte alla competizione più importante.

Nonostante ciò, Roberto Mancini, ct della Nazionale, non vuole chiudere la sua avventura sulla panchina dell’Italia, cercando di ripartire dall’impresa di Euro 2020. un orgoglio che oggi gli impone di restare alla guida della Nazionale, per organizzare la rivincita e un altro finale. L’obiettivo del tecnico degli Azzurri – come spiega l’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport – è dare un senso alla partita più inutile del mondo, quella di domani contro la selezione turca: l’inutile Turchia-Italia è il primo passo verso il Mondiale 2026. Mancini non è rimasto solo per orgoglio, ma anche per la convinzione che il gruppo europeo, ritoccato negli uomini e nel gioco, possa crescere ancora.

Il concetto principale sarà quello di «Sviluppare» il calcio dominante e offensivo. Il calo di Jorginho e l’involuzione di Insigne impongono un ritocco al modulo del doppio-play che è stata la nostra fortuna, ma è diventato prevedibile. Di conseguenza, diventa fondamentale sfruttare la ricca batteria di interni composta da: Barella, Tonali, Locatelli, Pellegrini e Pessina.

La nuova Italia potrebbe avere meno palleggio, ma più peso, più dinamismo e più verticalità. Qualità importante, perché la nostra forza sono gli esterni offensivi: ad esempio Berardi, Chiesa e Zaniolo più ricevono palla in spazi aperti, più possono fare male. Mancini sa bene che se Berardi farà il salto in un grande club e comincerà ad abitare con continuità le notti di Champions, non tremerà più davanti a una porta vuota, come a Palermo. Acquisterà quella sicurezza e quella personalità che hanno permesso a Chiesa di diventare il Leone di Wembley dopo un anno di Juve.

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