Il presidente del Paris Saint-Germain Nasser al-Khelaifi è stato assolto in appello da una corte federale svizzera dall’accusa di corruzione nell’attribuzione dei diritti televisivi della Coppa del Mondo. Anche l’ex segretario generale della Fifa Jerome Valcke è stato assolto dalle stesse accuse, ma ha ricevuto una condanna a 11 mesi con sospensione della pena per corruzione e falsificazione di documenti in un caso separato da questo.
Al-Khelaifi, che è anche presidente dell’emittente televisiva di proprietà del Qatar beIN Media, era stato accusato di aver incitato Valcke a commettere una “aggravata cattiva gestione criminale aggravata”. Valcke, che fino al 2015 è stato il braccio destro dell’ex presidente della Fifa Sepp Blatter, a sua volta alle prese con la magistratura ordinaria per accuse varie, ha dovuto far fronte ad accuse legate a due distinti casi di corruzione nell’ambito dei diritti televisivi.
Il francese è accusato di aver fatto trasferire a beIN Media i diritti del Medio Oriente e del Nord Africa per i Mondiali del 2026 e 2030, in cambio di “benefici ingiustificati” da Al-Khelaifi. Secondo l’accusa, il caso si riferisce a un incontro del 24 ottobre 2013, presso la sede francese di beIN, quando Al-Khelaifi avrebbe promesso di acquistare una villa in Sardegna per cinque milioni di euro, concedendone l’uso esclusivo a Valcke. Al-Khelaifi doveva poi cedere, due anni dopo, la proprietà al francese a determinate condizioni. Al-Khelaifi ha sempr negato di aver acquistato la proprietà in questione e di averla promessa a Valcke.
In cambio, ha affermato l’accusa, Valcke si è impegnato a “fare ciò che era in suo potere” per garantire che beIN diventasse l’emittente regionale per i due Mondiali, cosa che è accaduta il 29 aprile 2014, visto che l’emittente si è aggiudicata i diritti per quella zona, accordo che la Fifa non ha mai contestato da allora. Valcke è stato anche accusato di aver sfruttato la sua posizione alla Fifa tra il 2013 e il 2015 per influenzare l’assegnazione dei diritti ai media per l’Italia e la Grecia per vari Mondiali e altri tornei in programma tra il 2018 e il 2030 “al fine di favorire i media partner che preferiva”, e di aver ricevuto pagamenti dall’imprenditore greco Dinos Deris, anch’egli sotto accusa.