La Dda di Milano ha trasmesso alla Figc, come richiesto da quest’ultima, copia degli atti dell’inchiesta per narcotraffico internazionale a carico, tra gli altri, di Rosario D’Onofrio, il 42enne ex militare ma anche ormai ex procuratore capo dell’Aia, l’associazione italiana arbitri, finito in carcere giovedì scorso nell’indagine coordinata dai pm Rosario Ferracane e Sara Ombra e condotta dal Gico della Gdf di Milano. La Figc ha convocato proprio per domani mattina una riunione d’urgenza del consiglio federale sulla vicenda.
Intanto, D’Onofrio, accusato di essersi occupato della “logistica” di carichi di droga, usando una mimetica militare, anche nel periodo del lockdown nella primavera 2020 e già arrestato in flagranza nel maggio 2020 (divenne procuratore degli arbitri nel marzo 2021), venerdì scorso si è avvalso della facoltà di non rispondere dopo l’ultimo arresto, sulla base di ordinanza cautelare, interrogato dal gip Massimo Baraldo.
“Dobbiamo recuperare la credibilità e riaffermare la reputazione, che passa attraverso la trasparenza, la sincerità e anche la tempistica. Mi aspettavo la tempestività che si è determinata in un consiglio straordinario annunciato nel giro di 24 ore”, il commento del ministro per lo sport, Andrea Abodi a margine della cerimonia dei Collari d’oro al Coni.
La Figc ha convocato per domani mattina alle 10 un consiglio federale con all’ordine del giorno “le modifiche al regolamento dell’associazione italiana arbitri concernenti le competenze della giurisdizione domestica”. “Mi aspetto l’ascolto di chi avrà necessità e la voglia di parlare – ha poi aggiunto Abodi, a proposito del caso D’Onofrio – Si deve sentire libero di poter parlare, perché il nostro mondo in generale deve abbandonare le zone grigie”.
La seduta del consiglio federale della Figc, come emerso ieri, servirà a fare “una riflessione politica” e ad “approfondire” la vicenda di D’Onofrio, arrestato il 20 maggio 2020 per un trasporto di 44 kg di marijuana, ma promosso nel 2021 da membro della commissione disciplinare a capo dell”organo inquirente e requirente’ dell’associazione arbitri (nella quale ha svolto incarichi sin dal 2009).
Il suo ruolo da procuratore capo Aia non era emerso con il secondo arresto, ma è venuto a galla solo due giorni fa con le dimissioni di D’Onofrio. Negli atti dell’inchiesta che ha portato all’ordinanza cautelare (42 le misure in totale) non c’erano riferimenti a questo incarico, perché non rilevanti nelle indagini della Dda. D’Onofrio, dopo l’arresto in flagranza del maggio 2020, è stato prima in carcere e poi ai domiciliari ed è stato condannato a 2 anni e 8 mesi (ha scontato la pena ai domiciliari). La condanna definitiva della Cassazione è del 9 settembre 2021: era stata respinta la richiesta della difesa di concedergli “il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione”.
D’Onofrio, detto nelle chat ‘Rambo’ o ‘il militare’, stando alle ultime accuse della Dda, sarebbe stato uno degli organizzatori dell’associazione criminale che trafficava in droga tra Spagna e Italia e avrebbe gestito il trasporto e lo stoccaggio di “innumerevoli carichi di stupefacente”, marijuana e hashish, “per un peso complessivo di centinaia e centinaia di chili”.
Il suo legale, l’avvocato Niccolò Vecchioni, in merito all’incarico di procuratore Aia ha ribadito che si trattava di un ruolo che svolgeva “pro bono”, senza compenso, e aveva solo dei rimborsi spese. La stessa difesa chiedeva per lui autorizzazioni alla Sorveglianza per la partecipazione a riunioni dell’organo dell’Aia.