Dopo le polemiche sull’importo della sponsorizzazione al Bologna calcio la Faac, società che ha nel proprio capitale la Curia di Bologna, deve rispondere alla polemica tutta politica di Salvini. Al di là dei giudizi e delle opinioni la seconda querelle in pochissime settimane, da quando l’azienda – multinazionale leader nelle automazioni per cancello, lasciata in eredità alla Curia dopo la morte nel 2012 del proprietario Michelangelo Manini – è entrata nel mondo del calcio, mostra lati positivi e negativi della esposizione mediatica attraverso lo sport.
L’Arcidiocesi bolognese nelle scorse settimane era stata costretta ad intervenire (come riportato da C&F) contro chi l’accusava di aver versato soldi per il calcio. In quel caso si era ricordato come l’azienda sia gestita da un Trust che evidentemente aveva deciso per la sponsorizzazione come leva di business.
Ieri il leader della Lega Nord Matteo Salvini dal palco della Bèrghem Fest di Alzano ha giocato il jolly. «Io sto con la Chiesa che parla poco e fa tanto — ha detto — e anche il vescovo di Bergamo, Beschi, anziché attaccare me, faccia una telefonata al vescovo di Bologna, che ha chiuso la Faac (lo stabilimento lombardo di Grassobbio, ndr) e lasciato tanti italiani senza lavoro». Antefatto: a metà agosto il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, aveva contestato le uscite di Salvini sui profughi: «La solidarietà è più grande di tutte le polemiche».
Contattato dal Corriere di Bologna, Salvini ha annuncia di voler parlare con il cardinale Carlo Caffarra. «Chiederò umilmente e formalmente un incontro a Caffarra — dice Salvini — lasciare a casa 50 persone a Grassobbio nel nome del profitto, per chiudere in Italia e aprire in Bulgaria, non mi sembra una scelta degna dello spirito di una Curia. Se parlassimo di una fabbrica in crisi potrei capire, ma qui c’è un impresa che guadagna alla grande e mette in difficoltà 50 famiglie».
Seconda polemica in poche settimane, quindi. Sulla quale è giusto ricordare comunque il tipo di governance aziendale di Faac, attuale sponsor di maglia del Bologna.
A maggio di quest’anno la Curia, pur rimanendo proprietaria dell’azienda ereditata da Michelangelo Manini, ne ha affidato la gestione a un trust composto dagli avvocati Andrea Moschetti e Bruno Gattai, insieme al manager Giuseppe Berti.
L’Arcidiocesi resta beneficiaria dei dividendi, ma la nuda proprietà, le azioni e il diritto di voto sono stati da allora trasferiti ai componenti del trust, che ha durata trentennale. Caffarra ha assunto il ruolo di «protector», con diritto di veto su alcune questioni (funzione che passerà ai suoi successori).