Dopo le prese di posizioni a favore di una Superlega europea, alternativa alla Champions League, da parte del presidente del Bayern Monaco e dell’Eca, Karl-Heinz Rummenigge, e del numero uno della Juventus, Andrea Agnelli, anche i vertici del Barcellona campione d’Europa, si schierano a favore del progetto.
Nei giorni scorsi, parlando a La Vanguardia, Susana Monje, vicepresidente con del Barça con delega alle attività finanziarie, ha detto chiaramente che anche il club blaugrana è favorevole a una riforma della Champions League, che dia maggiore peso ai club più blasonati e capaci di attirare spettatori verso la competizione, se necessario a scapito dell’Uefa e di quelle logiche politiche che negli ultimi anni hanno rafforzato il peso delle federazioni “minori”.
«Dobbiamo promuovere una lega europea con i club in una posizione di controllo», ha detto Monje a La Vanguardia. «Attualmente dipendiamo da organizzazioni come Uefa o FIFA la cui cui gestione è migliorabile, e questo è un obiettivo molto chiaro cui il Barça dovrebbe puntare”, ha aggiunto.
Se finora l’altra grande di Spagna, ovvero il Real Madrid di Florentino Perez, non si è ancora pronunciata ufficialmente sul tema della superlega (anche se risulta che il presidentissimo merengue sia un acceso fautore del progetto), il Barcellona si schiera dunque ufficialmente per una revisione complessiva dell’attuale formula della Champions e, se necessario, per un suo superamento.
E’ già qualche anno che la Champions League non convince i grandi club, che sono l’anima e la ragion d’essere del torneo più importante del mondo, e che puntano a massimizzare gli introiti commerciali della competizione attraverso una sua riforma radicale. Nel caso anche attraverso la “privatizzazione” della coppa, come già accaduto nel basket con l’Eurolega.
Ci sono le intenzioni e i progetti in embrione, nulla di deciso perché prima ci saranno passaggi tecnici da superare (compreso il complicato accordo con l’Uefa), ma si ragiona su una futura struttura: Champions a 24 o a 32 squadre, con un blocco di partecipanti fisso stabilito in base al censo e alla tradizione (vittorie nelle coppe europee o nei propri campionati, partecipazioni a finali di coppa) e un blocco variabile con le prime dei vari campionati.
Sarebbe una Champions con più partite nella prima fase (gruppi da 6, 8 o magari 12 squadre) che fatalmente andrebbe a intasare il calendario con relativa sofferenza delle nazionali, altro evento inevitabile: in futuro si andrà verso un’ulteriore erosione dello spazio dei tornei per nazioni, in favore dei club.
Si arriva a tutto ciò perché l’attuale struttura della Champions imposta da Michele Platini, che ha dato maggiore spazio alle nazioni meno rappresentate (per allargare la sua base elettorale, non per altro), ha fatto crollare il livello tecnico della prima fase, con molte partite di scarso richiamo e con l’approdo agli ottavi di club di secondo piano, che spesso generano scontri fratricidi come gli ultimi Bayern-Juventus e Arsenal-Barça, mentre di là giocavano Wolfsburg-Gent o Benfica-Zenit. Cala lo spettacolo, ma di questo passo caleranno anche i ricavi.
Insomma, le cose si stanno muovendo in fretta. Bisogna migliorare la qualità e l’appeal del torneo, altrimenti i ricavi non saliranno più, anzi scenderanno. Lo sostiene anche Andrea Agnelli: se la Champions League, vista da 2 miliardi di persone, genera ricavi per 1,6 miliardi, mentre l’Nfl, con un pubblico di 300 milioni di americani, ne genera 5,5, vuole dire che in Europa stiamo dormendo di brutto. Il torneo cambierà migliorando la qualità della competizione, quindi degli attori. Il pubblico nel mondo vuole vedere le grandi, quelle che hanno tradizione e storia, altrimenti cambia canale.
accesso diretto in champions al detentore e a chi l’ha vinta almeno una volta,se iscritta alla maggiore campionato nazionale.
Le prime due dei principali campionati e la prima di tutti gli altri.
Eventuali turni eliminatori per i ranking piu bassi.
Campionati nazionali a 16 squadre e superlega a 18 .
Final four a scontri unici in stadio neutrale.