La Brexit preoccupa la Premier League. Il campionato inglese, non a caso, aveva spinto contro la scelta di uscire dall’UE, un appello rimasto inascoltato. Che ora può incidere sulle casse delle società d’oltremanica.
Oltre ai problemi relativi al tesseramento (di cui vi abbiamo parlato qui), gli impatti negativi potrebbero essere anche di natura economica. Il problema è legato soprattutto alla svalutazione della sterlina: già oggi la moneta britannica è affondata, calando di oltre il 10% rispetto al dollaro (a quota 1,33 dollari, peggior risultato dal 1985), mentre l’euro è salito fino a toccare 0,83 sterline, valore che non veniva raggiunto dal 2014. In sostanza, il pericolo è la perdita dello “stra-potere” di acquisto che i club inglesi hanno avuto negli ultimi anni nel calciomercato internazionale.
Una capacità di spesa che, nonostante i clamori legati all’esito del referendum, rimarrà comunque importante, considerato che, al netto della svalutazione della divisa britannica, i 2,37 miliardi di sterline a stagione che i club della Premier League incasseranno solo dai diritti tv nel prossimo triennio, rappresentano comunque una somma di gran lunga superiore a quella delle altre top league del vecchio continente.
Ma è evidente che la svalutazione della sterlina può avere impatti a diversi livelli, sia sul mercato in entrata che in uscita.
In entrata, infatti, serviranno spese più ingenti ai club inglesi per acquistare i giocatori all’estero: se, ad esempio, ieri al Manchester United servivano 76 milioni di sterline per acquistare Pogba, valutato dalla Juventus 100 milioni di euro, (trattativa inventata per puro esempio), oggi gliene servirebbero 83. E il valore resta in rapida crescita, per cui potrebbe darsi che tra un mese gliene possano servire 85, o magari 90. Senza considerare che c’è pure il discorso stipendi: i giocatori potrebbero farsi pagare comunque in euro, creando anche contrasti dal punto di vista del fair play finanziario in Inghilterra.
Facendo il discorso contrario, inoltre potrebbe diventare più vantaggioso per i club esteri acquistare giocatori in Premier League. E allo stesso modo potrebbero godere di agevolazioni monetarie anche investitori stranieri, come i cinesi, visto il peso sempre maggiore dello Yuan.
In sostanza, il rischio, al momento soltanto teorico, per la Premier League è l’impoverimento tecnico, al quale potrebbe seguire anche un impoverimento economico legato ai ricavi, che potrebbero subire comunque un discreto impatto dalla svalutazione della sterlina: «I ricavi dalle televisioni sono legati alla qualità dei calciatori che la Premier può offrire agli spettatori, che siano davanti alla tv o allo stadio», avverte sulle pagine del Telegraph il professor Babatunde Buraimo, dell’Università di Liverpool. Non si parla ovviamente di una certezza, come può essere quella relativa ai regolamenti, quanto piuttosto un pericolo derivante dai mercati: in quel caso, la Premier League potrebbe far poco per intervenire.
Un campionato che ha venduto i diritti televisivi per più di 8 miliardi di euro totali (tra mercato domestico e estero) per 3 anni, è indubbiamente il campionato più ricco anche perché il meglio gestito. Possono permettersi qualsiasi giocatore dalla prima all’ultima squadra. Il titolo dell’articolo appare provocatorio e spropositato.