«In Italia la tecnologia di supporto allo sport è molto arretrata e a farne le spese sono soprattutto le startup che invece, per loro natura, si concentrano in questo ambito».

A dirlo è Claudio Rorato, coordinatore del nuovo Osservatorio DigitalSport del Politecnico di Milano, sentito oggi da Il Sole 24 Ore.

Negli Stati Uniti secondo l’Osservatorio DigitalSport del Politecnico di Milano le startup sportive siano riuscite a raccogliere 1 miliardo e 700 milioni di dollari. Mentre, sempre secondo il Politecnico, in Europa questo settore vale oggi 250 milioni di dollari. Di cui 75 milioni arrivano dalle startup inglesi, 20 da quelle tedesche e solo 10 da quelle italiane, che rappresentano circa il 10% delle oltre 700 startup sportive censite in tutto il mondo dall’Osservatorio.

Eppure lo sport in Italia rappresenta l’1,7% del Pil e ha un giro d’affari che supera i 25 miliardi di euro. Si tratta di cifre che vengono mosse soprattutto dal calcio e dai diritti televisivi che, solo per fare un esempio, nel caso della stagione 2018-2021 della Champions League hanno fatto sborsare a Sky oltre 800 milioni di euro.

Per ora l’esperienza italiana più significativa è quella di Wyscout: una piattaforma di scouting calcistico che oggi fattura quasi 8 milioni di euro all’anno. Si tratta della prima startup uscita da Wylab: l’unico incubatore italiano certificato dedicato esclusivamente al settore sportivo.

Wylab, l’incubatore delle start-up che sognano di rivoluzionare il mondo dello sport

Due i filoni chiave del settore: la fan experience e quello l’athletic performance.

Nel primo ambito rientra tutto ciò che, attraverso la tecnologia, può aumentare il livello di engagement dei tifosi: profilazione dei gusti dei fan, eSports.

Tra queste: FuboTV, la tv in streming dedicata ai fan di tutti gli sport, che ha appena raccolto 55 milioni in un funding guidato da Northzone, a cui hanno partecipato anche 21st Century Fox, Sky e Scripps Networks Interactive. La startup, nata nel 2014, arriva così a 75 milioni raccolti nel complesso.

L’athletic performance riguarda invece le soluzioni tecnologiche che – attraverso l’analisi dei big data – puntano a migliorare le prestazioni sportive degli atleti o a elaborare statistiche.

Qui si è concentrato il 63% degli investimenti tra il 2011 e il 2013, e 46% nel triennio successivo, ma la tendenza sembra destinata a cambiare.

Ma nel frattempo le startup hanno capito che ci sono più tifosi che atleti e gli investimenti sulla fan experience sono cresciuti maggiormente.

Tra queste Hero Sport, nata nel 2014 per studiare le statistiche dei campionati dei college americani, oggi offre il ranking di tutti i maggiori campionati americani dal basket al football. Proprio in giugno la startup americana ha chiuso il suo quarto round di raccolta, guidato da PN Cellular e Alliance of Angels, con 1,3 milioni che portano il funding totale a 4,25 milioni in 4 round.

E negli Stati Uniti nascono fondi dedicati al settore, come Courtside Ventures, fondato dal proprietario della squadra di basket Cleveland Cavaliers, Dan Gilbert, con una dotazione di 35 milionid i dollari, pochi o nulli, invece, finora in Italia i finanziamenti a startup dedicate a soluzioni per trasformare gli stadi in smart arene, come sta avvenendo invece all’estero.

Tra le esperienze positive anche Catapult Sport che ha inventato il tracciamento tramite gps per gli sport di squadra. La società, startup del 2006, è oggi quotata in Borsa e ha tra i suoi clienti 13 squadre dell’Nba.

Grande successo anche per Runtastic (un’app per le attività fitness acquisita da Adidas nel 2015 per 220 milioni di euro).

PrecedenteMilan, per Kalinic c’è il nodo delle garanzie: si tratta su prestito con obbligo di riscatto
SuccessivoSoccerex 2017: Milan, Inter e Lega Calcio tra i protagonisti