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Antonio Conte festeggia la vittoria della Premier League con il Chelsea (foto Insidefoto.com)

Il periodico The Economist ha pubblicato un articolo sul calcio – tema del quale non si occupa molto spesso – in cui affronta una serie di argomenti tra cui globoalizzazione, cultura popolare, soldi, mercati.

L’opinione dell’autorevole testata è che la Premier League non è molto buona come si tende a credere, in particolare si sottolinea che l’ultima finale di Champions è del 2012 (la vittoria del Chelsea).

Le classifiche dicono che nessuno dei primi cinque club del mondo è l’inglese e afferma che le squadre di bassa classifica dell’Inghilterra sono molto peggiori dei loro equivalenti in Spagna e in Germania.

Premier League vs Serie A anni ’90, competitività interna e successi europei paralleli

Eppure la Premier League continua a crescere. Come si può spiegare questo paradosso?

Un fattore importante secondo l’Economist è l’apertura della Premier League a dirigenti, proprietari e giocatori stranieri. Quindi un aspetto relativo al mercato.

Le squadre inglesi sono anche state più veloci degli altri a vendersi all’estero. Il Manchester United ha iniziato a fare tournèe in Asia nel 1995, il Real Madrid lo ha fatto solo nel 2003.

La Premier League è considerata più competitiva. Ma Real Madrid, Juventus e Bayern Monaco prendono una quota maggiore dei profitti dei loro campionati e questo permette – secondo l’Economist – di allestire rose migliori.

Tuttavia si suggerisce anche che i club inglesi stiano spendendo di più su stelle che attirano le folle ma fanno meno per vincere le partite, spesso per questioni di età. Le squadre continentali farebbero di più per sviluppare i giovani.

Aiuta poi la collocazione delle partite, per lo più pomeridiane (anche se lo stesso campionato sta ragionando sull’opportunità di collocare le partite alle 7.45 del sabato): orari che secondo l’Economist attirano maggiormente il pubblico asiatico e americano (anche considerando l’ora di fuso orario rispetto al resto del continente.

 

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