«Noi auspichiamo che ci sia la lungimiranza di capire che il sistema calcio non è radicato solo in Italia, ma ha riflessi europei. Noi abbiamo recitato la parte degli investitori. Lo sviluppo passa attraverso società che svolgono attività di sistema e non da quelle che si agganciano».

L’amministratore delegato della Juventus, Giuseppe Marotta, intervistato da Il Giornale, parla anche delle modifiche introdotte dal ministro dello Sport, Luca Lotti, ai criteri per le ripartizione dei diritti tv della Serie A previsti dalla Legge Melandri. Modiche inserite nella Legge di Bilancio 2018, che dovrà essere approvata dal Parlamento entro la fine dell’anno.

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Il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, e l’ad Beppe Marotta (Insidefoto.com)

«La legge Melandri non deve essere una legge di assistenzialismo. La distribuzione delle risorse deve tenere conto di investimenti, strutture, competitività e meritocrazia. Questi sono i quattro capisaldi», spiega Marotta.

La “riforma Lotti” porta dal 40 al 50% la quota dei diritti tv attribuita equamente ai club di Serie A, mentre scende quella attribuita sul numero dei tifosi. Salta poi completamente il riferimento (che valeva il 5%) alla popolazione residente nel comune della squadra sportiva.

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Luca Lotti (Insidefoto.com)

Secondo una simulazione realizzata nei giorni scorsi da Calcio e Finanza, in base alle modifiche introdotte da Lotti alla Legge Melandri, la ripartizione dei proventi da diritti tv della Serie porterebbe ad una situazione decisamente più equilibrata tra quanto percepito dai grandi rispetto ai piccoli club.

Il rapporto tra prima e ultima scenderebbe a circa 2 a 1, con le big che vedrebbero notevolmente scendere i propri ricavi e le medio-piccole che avvicinerebbero gli incassi a quelli delle squadre principali.

Diritti tv Serie A, come cambia la ripartizione con la riforma Lotti: sorridono le piccole

 

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6 COMMENTI

  1. una delle poche volte che sono d’accordo con lui…
    la parte distribuita in parti uguali basterebbe spartirla:
    – in base ai minuti fatti giocare da giocatori arruolabili in nazionale
    – in base ai minuti giocati da giovani provenienti dal settore giovanile
    così anche le piccole avrebbero modo di poter ricavare parecchio dai diritti tv, ma ne avrebbero diritto almeno per meriti propri, non per beneficenza

  2. Se si facesse come dice lui il campionato dovrebbe essere a 6 squadre! Gli sport americani ancora non ci insegnano nulla?

    • Negli sport americani infatti squadre/società senza soldi non vengono ammesse e non esiste retrocessione/promozione.
      Se hai i soldi partecipi, se non li hai non partecipi

      • Infatti. O si sceglie la via Inglese, e cioè equa distribuzione con campionato aperto, o si sceglie la via americana: lega calcistica europea con 22 o 24 grandi squadre. In italia 5 o 6 hanno i soldi per fare qualcosa di importante, le altre no. Quindi un campionato italiano come dice lui dovrebbe avere 6 o massimo 8 squadre. Uniche alternative le due elencate più su.

  3. “Da uno stipendiato dalla famiglia Agnelli che ha visto la propria azienda sopravvivere GRAZIE all’assistenzialismo statale non accetto lezioni e panegirici contrari all’assistenzialismo.” cit anzi per me grande CIT-

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